Coronavirus e Ecclesiologia: forse è il momento per spiegarla bene!

Coronavirus e ecclesiologia?

C’è una affermazione contenuta nell’AT e precisamente nel libro di Ester che a proposito delle circostanze guidate da Dio dice così: “… e chi sa se non sei diventata regina appunto per un tempo come questo?” È quello che dice Mardocheo alla regina Ester per sottolineare che Dio in quei tempi turbolenti e incerti, “forse” stava costringendo Ester a reagire. Sottolineo “costringere” perchè i tempi e le avversità potrebbero essere armi nelle mani di Dio per fare o dire quello che normalmente non avremmo fatto o detto.

Chissà quante volte l’abbiamo sentita leggere o predicare questa frase! Posso gia sentire alcuni che stanno dicendo: Ma che ci azzecca Ester, il coronavirus e l’ecclesiologia? Provo a sintetizzare così: “chissà se il coronavirus non sta costringendo tanti conduttori di chiese a spiegare meglio l’ecclesiologia?”

Tra le materie teologiche apparentemente più semplici ma allo stesso tempo più malcapite dai credenti c’è proprio l’ecclesiologia, e cioè la dottrina su cos’è la chiesa. Premetto – ai miei amici non protestanti –  che scriverò da una prospettiva protestante e quindi da pastore evangelico, ma non per questo il mio ragionamento sarà meno biblico e storico. Ma presupporrò che sto scrivendo a dei credenti e quindi sintetizzerò gli argomenti e sopratutto in qualche fase non li motiverò. Chiedo scusa per questo al lettore.

Lo so che non si fa teologia o esegesi con dati approssimativi ma lo scopo di questo articolo non è principalmente quello di fare esegesi o teologia, ma è ciò che possiamo ricavarne da questi. Uno studioso a questo punto avrebbe parlato certamente di ermeneutica. La mia sarà solo una riflessione a voce alta.

 

Cos’è la chiesa secondo il nuovo testamento? Una super-sintesi.

La Chiesa è un gruppo di persone che hanno un credo comune: Gesù Cristo e ciò che Lui ha detto e fatto. Tutte queste informazioni ci giungono attraverso quello che i suoi più stretti collaboratori, gli apostoli, ci hanno insegnato e riferito su di Lui; il tutto, poi, è contenuto nel nostro canonico Nuovo Testamento. Ma c’è di più: la Chiesa, cioè l’assemblea dei credenti (questo significa in greco), è stata voluta da Gesù Cristo e da Lui ancora nutrita e curata; per questo viene chiamato il suo Capo (Ef.1.22).

 

Come si esprimeva visibilmente quella chiesa?

Chiunque aderiva al credo di Gesù e dei suoi apostoli, annunciato ovunque da quelli che avevano già creduto, entreva attraverso un rito di iniziazione (il battesimo) a fare parte del gruppo locale degli altri credenti che si organizzavano per stare insieme attraverso delle riunioni (ecco l’ecclesia). In queste riunioni locali alcuni uomini, chiamati anziani e pastori, scelti localmente per la loro maturità spirituale e per la capacità di insegnare, leggevano, spiegavano e insegnavano la Sacra Scrittura: prima solo l’antico testamento, lettere apostoliche e racconti orali su Gesù. Poi, con il tempo, anche quello che noi oggi chiamiamo nuovo testamento. Un rito centrale in queste riunioni, al contrario di quello che avviene in tantissime chiese di oggi,  era quello che noi chiamiamo “Santa Cena”, “Cena del Signore” o “Eucarestia”, che si svolgeva in un vero e proprio convito (l’agape).

 

Qual era il suo spazio sacro; cioè dove si incontravano?

Le chiese del principio avevano una caratteristica particolare: erano aliene dal concetto di edificio sacro. Non ebbero locali o templi dedicati e adibiti apposta almeno fino a quasi la fine del III sec¹. Nel frattempo c’erano quelle che vennero chiamate domus ecclesiae, ovvero case private che ospitavano le riunioni dei credenti, o per usare la terminologia neotestamentaria: ospitavano la chiesa. Ed è sempre in questi contesti domestici che venivano amministrati gli ordinamenti o sacramenti (vd Atti 2:46).

Alcuni esempi del nuovo testamento di domus ecclesiae si trovano in Rom. 16:3-5: “Salutate Prisca e Aquila…salutate anche la chiesa che si riunisce in casa loro…”. Anche in Col 4:15: Salutate i fratelli che sono in Laodicea, e Ninfa e la chiesa che è in casa sua.

Si noterà dalla terminologia un’altra peculiarità dei cristiani: erano loro la chiesa e non lo spazio che li conteneva. Le case come contenitore non li turbava affatto, né desacralizzava le loro riunioni perché avevano imparato dal loro maestro ‘che dovunque si fossero riuniti, anche solo due o tre, lì c’era la presenza spirituale di Gesù’ (Matteo 18:20).

Ma un’altra citazione merita di essere trattata a parte perché ha tutte insieme le caratteristiche che servono al nostro obbiettivo. Sto parlando di Filemone 1-2: “Paolo, prigioniero di Cristo Gesù, e il fratello Timoteo, al caro Filemone, nostro collaboratore, alla sorella Apfia, ad Archippo, nostro compagno d’armi, e alla chiesa che si riunisce in casa tua”.

Qui vediamo uno spaccato quasi completo di quello che erano le chiese ai tempi degli apostoli e quello che furono per molto tempo dopo: Famiglie intere dove nasceva la fede e veniva condivisa, coltivata e accresciuta entro le mura domestiche. Filemone, Apfia e Archippo erano certamente marito, moglie e figlio², e dalla terminologia con cui li chiama Paolo: collaboratore; compagno d’armi, si desume che Filemone e Archippo erano impegnati in prima persona nella guida di quella chiesa domestica fondata certamente da loro e quindi, secondo l’uso del tempo, anche ospitata nella loro grande casa. Dico “grande”, perché doveva essere tale per ospitare la chiesa.

Ma il testo ci suggerisce ancora di più. Filemone aveva schiavi (vedi Onesimo più avanti), che avrebbero avuto senso solo se in quella casa grande e ricca ci fossero più di tre componenti parentali. Probabilmente le cose stanno proprio così: Filemone e suo figlio Archippo erano i conduttori di una chiesa domestica in Colosse formata essenzialmente da tutta la famiglia di Filemone, che comprendeva sua moglie Apfia, suo figlio Archippo e probabilmente altri figli e figlie e tutta, o quasi tutta, la schiavitù³. Certamente a questi si aggiungevano in un secondo tempo anche altri non della famiglia. Accadeva proprio così! Ricordate Lidia, credette e “dopo…fu battezzata con la sua famiglia…”, o il carceriere di Filippi che dopo aver creduto “…fu battezzato lui con tutti i suoi” (Atti 16:15,34). Qui “la sua famiglia” e “tutti i suoi” nel greco indica: tutti quelli che facevano parte della casa in ogni ruolo∗.

La domanda sorge spontanea: perchè oggi non potrebbe funzionare ancora?

 

Dove voglio parare?

E se il coronavirus facendoci disertare obbligatoriamente i nostri locali di culto ci facesse riscoprire il concetto di Chiesa domestica del nuovo testamento! Non sono affatto contrario ai locali, anzi io stesso sono pastore di una chiesa che ha un bel locale di culto. Ma il senso di frustrazione mi assale quando intuisco che non si sa fare un distinguo tra il contenuto e il contenitore e cioè tra l’essenziale e il superfluo. O quando so di conduttori (pastori, preti ecc..) che si aggrappano ai mattoni quasi fossero magici o sacri; o di credenti che non possono, per nessun motivo, fare a meno del loro locale di culto; o di quelli che non riescono a trovare comunione in nessun altro posto se non in quello abituè, o quando per andare a fare un culto sono disposti a farsi 400 km in auto per trovarne uno ancora aperto. Questo non è zelo ma solo cattiva ecclesiologia! Ed io in quanto pastore recito la mia parte del “mea culpa”.

Forse è arrivato il momento, in questi tempi incerti e confusi, di spiegare bene al popolo che il locale di culto, benché utile e comodo, non è né la chiesa, né la casa di Dio, ma solo uno dei suoi possibili contenitori, e per di più postumo. Che le domus ecclesiae biblicamente non sono ripieghi. Bisogna spiegare loro che si è cristiani anche a casa, e da lì si può offrire un culto completo e altrettanto accettevole.

Ora le famiglie di credenti sono state costretti dall’epidemia, loro malgrado, a riscoprire questa preziosa verità e a diventare, o ridiventare, pionieri delle loro comunità più allargate, cioè quelle che noi oggi chiamiamo esclusivamente ed erroneamente CHIESA.

 

Ma guarda un pò…il coronavirus ci ha fatto riaprire le nostre bibbie, le nostre teologie intonse e i nostri vecchi libri di storia.

 

 

Note

¹Vedi G.Rinaldi, Cristianesimi nell’antichità, Gbu

²Vedi i commentari di J. Lightfoot; F.F Bruce; D.J.Moo.

³Per il concetto di responsabilità religiosa dello schiavo verso il padrone, vedi J,S.Jeffers, The Greco-Roman World of the New Testament Era, IVP.

∗Vedi, Newman, B. M., & Nida, E. A.  A handbook on the Acts of the Apostles, United Bible Societies.; G Schneider, Gli Atti degli apostoli, Paideia.